Marble Moon #11/12, 09/1998
Note glaciali dalla giostra dell'esistenza
Mentre qualcuno si diverte a fare stupide
assunzioni e manifestazioni in giro, ad accusare gratuitamente ed
ignorantemente, basandosi unicamente sull'apparenza concentrandosi
poco sulla sostanza, interessandosi al sopravvivere di certe mode,
profeti della menzogna, altri proseguono a testa alta per la loro
strada con risultati qualitativamente ottimi, e che di certe
"attenzioni" o "favori" non ne hanno veramente bisogno.
Parlare dei Kirlian Camera è quasi diventata consuetudine
in questi ultimi anni, ma non può assolutamente negarsi il
fatto che se è vero che c'è un gran dire sui KC, questo
non è di certo dovuto ai commenti ed alle voci poste in
essere dai profeti di cui sopra. Nessun specchietto per le allodole.
Lo spessore raggiunto dalla band di Bergamini è un dato di
fatto oramai, e ciò che risulta essere nuovo e nello stesso
tempo strano è che l'interesse in Italia per i lavori di
questa band è cosa recente, al contrario che nell'immediato
estero. Parlare, comunicare sinceramente e non "ciarlare" è
una scelta difficile. Il loro suono si è evoluto nel corso
di questi anni, non allontanandosi in ogni caso da una matrice
esistenziale e oscura, inquietante, ma nello stesso tempo luminoso
e glaciale. Narrare di quanto sia scomodo e doloroso, vivere uno
stato interiore nella quotidianità dei nostri giorni, con
un costante sentimento di morte, di isolamento, costituisce per i
KC una semplice e spontanea visione del mondo, non un mero
atteggiamento estetico o esteriore.
Le atmosfere dei loro brani continuano ad essere pesanti, ossessive,
evocative non perdendo di quella vitalità che le rende
maledettamente vere e reali. Le sensazioni prendono animazione
e strane inflessioni sotto forma di musiche e suoni, ed in questo
i KC possono risultare scomodi per tutti quegli individui che si
ostinano a ingannare le loro verità. Con "The Desert Inside"
i KC convincono più che mai. E a questo punto lasciamo la
parola ad Angelo Bergamini portavoce veterano dei Kirlian Camera...
(ma è vero che sono dei cattivi???????).......
Quale la situazione all'interno KC nel 1997/98?
L'assenza (temporanea?) di Simone Balestrazzi; l'ingresso di una
nuova singer Barbara Boffelli e l'ormai consolidata presenza di Ivano
Bizzi.
Il gruppo si è definitivamente assestato in questa
formazione a quattro. Emilia sarà presente quando possibile,
quindi se le sue assenze sporadiche non sono comunque da considerare
come una effettiva uscita da KC. Il suo lavoro di medico è
chiaramente molto impegnativo e stressante e non le consente più
di essere attiva come in passato. Per questo, ho dovuto pensare ad
estendere il ruolo di cantante e strumentista addizionale ad una
seconda persona, e Barbara è parsa da subito adatta a ricoprire
quel ruolo. Avevo bisogno di un membro effettivo, non di una
turnista; non era facile trovare una persona affidabile, capace e
con un carattere adeguato. Appena ascoltata la sua voce e dopo
averla meglio conosciuta, non abbiamo avuto dubbi, chiedendole
subito di entrare nel gruppo. Lei, come Ivano, proviene da
varie e diverse esperienze musicali, più che altro musica
pop e leggera, quindi aree molto differenti da quella in cui noi
lavoriamo, ma si è integrata alla perfezione. Ivano aveva
già collaborato con noi precedentemente, ed il suo ingresso
"ufficiale" è stato un passo naturale. Simone non fa più
parte dei KC, in maniera definitiva. Tutti questi cambiamenti
sono avvenuti in clima piuttosto rilassato, senza scossoni, seguendo
logiche necessità individuali. Sono molto soddisfatto di
questa formazione e lavorare con loro, già nell'ultimo Cd,
è stata per me la più bella esperienza in studio da
lungo tempo.
In "the Desert inside" nuova stella nel
firmamento KC, è evidente un nuovo cambiamento, anche se
non radicale, di sonorità. Elettronica minimale sempre in
rilievo ed in più certe sperimentazioni di frequenze adesso
tipiche anche della scena americana, mi riferisco a formazioni tipo
Panasonic, Labraford, Hovercraft. Quale la "via crucis" questa volta,
prima della realizzazione di "The desert inside" e l'importanza
che riveste per voi la realizzazione di questo lavoro?
Dire che questo è il capitolo che più mi rappresenta
e che più mi piace è banale, ma è d'altronde
sincerità. Ho sempre cercato di portare i KC verso uno stile
distinguibile, personale, magari influenzato da centinaia di
riferimenti latenti, ma di presenza discreta e non particolare.
Con l'ultimo lavoro, sento di esserci riuscito, finalmente. Forse
mi illudo, ma nessun nome musicale specifico mi sembra essere stato
preso in considerazione; definitivamente. Questo non vuol dire che
sia per forza un disco fantastico, intelligente e bellissimo. Lo
è per me. Mi rappresenta completamente, senza mezzi termini.
Mentre componevo e registravo i suoi brani, lo facevo come fosse
stata l'ultima e definitiva cosa a cui stavo lavorando. Per la prima
volta, i testi mi soddisfano completamente; li ho curati più
che mai, senza però trascurarne l'istinto passionale, anzi...
Conosco due dei gruppi che citi e, in effetti Panasonic e Labraford
sono interessanti, anche se certi suoni e sistemi elettronici sono
nell'aria già da tempo, solo che ora, certo pubblico sembra
gradirli maggiormente, anche se, parte di quel pubblico e critica
musicale, farebbe meglio a smetterla di volere rivestire di
intellettualismo ogni rutto bene impacchettato. Non sto discutendo
la validità dei due gruppi prima menzionati, ma piuttosto
mi riferisco all'atteggiamento di certa stampa snob vagamente
irritante, come solo i borghesi con i sensi di colpa sanno essere.
Trovo l'omonimo brano molto immediato
all'ascolto; ne viene fuori oltretutto una sensazione atipica,
come di essere in presenza di qualcosa che sta crollando, si
sta sgretolando ma non perde assolutamente di vitalità.
Lo spaccato di dolore che i KC questa volta fotografano?
Hai capito perfettamente l'umore del disco. Questo capitolo è
quello che più parla di una solitudine inevitabile ed ancora
preda del dolore che comporta. Non è una rassegnazione
effettiva: si fa fatica, a volte, a riconoscere la sconfitta,
perché si ha ancora presente l'immagine della gioia, ed
è duro salutarla, rinunciare al suo ricordo, o forse
all'illusione. E' difficile parlare di queste cose, perché ti
esponi tanto, mentre altri stanno a giudicarti, senza mai dire
niente che possa turbare la loro inattaccabilità: è
semplicistico, comunque, schedare certi argomenti come "depressione"
o "paranoia". Al di là comunque dei toni della mia musica
o delle mie convinzioni, preferisco scherzare, dire altre cagate,
lo trovo più corretto. Ma quella musica, appunto, l'ho
fatta io... e conosco il male da cui proviene.
In questo lavoro vi sentite maggiormente
influenzati dalle vostre emozioni ed idee interne o da quello che
accade all'esterno?
Il lato "interiore" è stato avvilito da uno esterno atroce.
Incapacità di vivere o scarsa maturità, forse, anche
se sinceramente non credo. Forse, sorprendentemente, il lato positivo
si ribella a tanta assurdità e vuole parlare del suo esilio.
C'è una desolazione allucinante, tra le pieghe di questo
disco, ma è anche vero che quando avverti il dolore che
deriva da quella sensazione, ed è un forte dolore, vuole
dire che ti porti ancora dietro le tue convinzioni, altrimenti
soffriresti meno e non avvertiresti qualcosa di molto simile alla
rabbia. Il deserto gelido di cui sto parlando, è la propria
essenza oltraggiata che va verso la fine. Ma è ancora presente.
Puoi parlarci meglio di Ocean of Disappearance e
del richiamo a Konstantin Raudive?
Quel pezzo è stato praticamente composto utilizzando segnali
acustici registrati da radio, poi campionati e messi in loop, dopo
essere stati processati. A questo si è aggiunto un riverbero
molto largo e tre voci tratte da intercettazioni registrate dal
fisico lettone Konstantin Raudive, riguardanti presunte voci di
trapassati; non conosco molto a riguardo e sono anche un po' scettico,
ma è chiaro che nella probabilità relativa a questa
materia, risiede una grossa forza emotiva. Sarebbe lungo spiegare
chi era K. Raudive, ma posso dire si trattava di un ricercatore
che sosteneva di avere registrato su nastro magnetico circa 72.000
voci di presenze varie non incarnate, usando radio e microfoni
"aperti" e, gran parte di quelle voci sostenevano di provenire
da dimensioni diverse, tra cui il cosiddetto "Aldilà".
Queste esperienze, dette anche "psicofonia", sono ancora oggetto
di studio e, chiaramente materia controversa. Ripeto che non
ho un giudizio particolare, positivo o negativo, riguardo le
ricerche psicofoniche, ma mi sembrano a volte più
attendibili del contattismo tramite medium, sto parlando cioè
dello spiritismo, che ancora non posso criticare, ma è
forse addirittura più soggetto a manipolazioni. Comunque,
la desolazione di quel pezzo e la sua "lontananza" e monotonia,
si univa bene, secondo me, a quella specie di "Idea di eternità"
altrettanto distante, che quelle presunte testimonianze mi
trasmettevano. Globalmente, lo si può quasi definire un
brano ambientale piuttosto ordinario e banale, come risultato
sonoro, ma durante la registrazione ed il mixaggio relativi,
c'era un'atmosfera abbastanza inquieta, che spero possa
trasferirsi anche in chi ascolta, dato che poi non è cosa
negativa. E' normale.
The Desert Inside: visione apocalittica,
misantropia, paranoia?.... Far from heaven?
Solitudine, è la parola che per la prima volta, nel caso
nostro, può racchiudere tutto. Forse non c'è neanche
rancore, anche se c'è una rabbia difficile da reprimere,
dovendo poi anche rispettare i convenevoli anche giusti della "buona
educazione". Quando stai dando fuori di testa non hai granché
voglia di dovere sopprimere il tuo bisogno di fare e dire cose
anche assurde e forse spiacevoli... Un isolamento difficile da
sopportare, quando non ci si ritiene nè morti nè
asociali. Se la causa sia una certa consapevolezza non è
facile da dire, ma spero sia così. Sicuramente un senso
di deriva, a volte penetrato al senso di panico di Far from
Heaven, il cui titolo e sospensione nervosa spiegano già
molto... "Lontani dal Cielo".
"Drifting", nuova uscita su Nova Tekk. Puoi
parlarci di questa nuova esperienza con la Nova Tekk? Come mai avete
cambiato etichetta?
Euromedia è casa-base di Nova Tekk, è
una specie di major-tedesca, ma lavora molto bene
anche con materiale non-leggero, come il nostro. Ha
una distribuzione capillare in Europa e in America è
appoggiata a Metropolis, che le garantisce un'ottima reperibilità
in quel continente. Non che gli USA siano basilari per noi, data
una certa antipatia reciproca, ma abbiamo voglia di estendere la
nostra presenza ovunque possibile, o almeno tentare. Triton, dopo
le vicissitudini dell'originaria Discordia, non poteva garantirci
granché al di fuori di Germania e Belgio, così pur
rimanendo in buoni rapporti con essa e non escludendo ulteriori
collaborazioni, ci siamo spostati a Euromedia, appunto, dove la
libertà dei KC, altrettanto rispettata, dato che comunque
non potremmo accettare ingerenze da nessuno riguardo al materiale
da pubblicare e quest'ultima etichetta ha anch'essa accertato
la nostra "usanza" di non fare ascoltare materiale prima del
master definitivo e di non volere firmare contratti a lunga
scadenza.
Rispetto a "The Desert Inside" l'ascolto di
"Drifting" è caratterizzato da atmosfere più gelide
ed oriniche, pur non cambiando il tipo di sonorità; vuoi
descriverci il contenuto di quest'ultimo lavoro?
"Drifting" significa "andare alla deriva". Questo ultimo lavoro
è in effetti ancora più gelido e drammatico del
precedente dove ""gelo"" non è essenzialmente aridità
interiore, ma amplificato senso di solitudine e, appunto, deriva
verso qualcosa di abbastanza spaventoso. In questo disco appaiono
spettri reali, non immaginari. Abbiamo voluto usare un linguaggio
per niente enfatico nei testi, lasciandoli in maggior parte diretti,
essenziali e crudi. Non c'era bisogno di infarcire condizioni
reali e personali in nessun modo, dato che la realtà sa
essere a volte fin troppo descrittiva. All'inizio si era pensato
ad un singolo breve, con il brano omonimo in tre differenti
versioni, ma poi il materiale continuava ad uscire dagli strumenti
senza sosta ed alla fine abbiamo faticato a non farne un album.
Forse è un peccato, almeno per noi, dato che "Drifting"
è fondamentale nella nostra discografia e non è
esattamente un singolo, dato anche il minutaggio piuttosto elevato.
Alcune persone che lo hanno ascoltato l'hanno trovato eccessivamente
elettronico e glaciale, quasi "cattivo" ma non so che farci,
dato che si tratta di uno specchio sincero ed è costato
ancora maggiore energia di "The Desert...", a livello emotivo.
La sua relativa cattiveria non è altro che analisi spietata.
Questo capitolo è il risultato di un male interiore che
non può sfogarsi, che non riesce più ad avere lacrime.
Ne deriva quel freddo. Dovrebbe essere il tassello iniziale che
conduce verso l'album che pian piano stiamo realizzando e che
sviluppa quella sensazione che in "Drifting" si manifesta
già chiaramente. Si può lavorare sull'elettronica
più grigia e "aliena" riuscendo ad essere estremamente
complessi e comunicativi allo stesso tempo. Quella è la
direzione che ci interessa al momento.
"Ice Curtain", finalmente una retrospettiva
attesissima sui lavori dei KC del passato. Quando hai deciso di fare
uscire questa raccolta su DCD (merito del nuovo contratto Nova Tekk?)
e quale l'obiettivo finale perseguito?
Nova Tekk ci ha contattati non molto tempo fa, per avere
materiale vecchio e nuovo, così abbiamo quasi subito
organizzato l'uscita di questa che è la nostra prima
raccolta ufficiale in 18 anni di vita con questo nome. Subito
l'idea non mi entusiasmava, dato che sono poco portato al passato,
dove scorgo eccessive ingenuità ed incertezze, ma dopo
avere selezionato il materiale ho capito che non dovevo eccedere
in negativo. Ci sono certo cose strane e meno riuscite ed altre
che invece mi soddisfanno maggiormente, in questa collezione, ma
è sicuramente difficile sintetizzare tanti anni in un pur
lunghissimo doppio album, ma forse in qualche modo vi siamo
riusciti, almeno per quanto riguarda i brani "cantati" che sono
stati scelti a rappresentarci; abbiamo infatti scartato l'idea
di ripubblicare pezzi strumentali, in quest'occasione. Sicuramente,
si può notare una certa "irrequietezza" stilistica questo
album, ma credo sia un elemento positivo, che può fare
comprendere meglio la nostra voglia e il nostro bisogno di
"movimento", il bisogno di cercare in aree vaste per poi piegarle
ai nostri bisogni, alla nostra identità.
Notoriamente avete ribadito più volte
il vostro interesse nella cultura centroeuropea, ma ascoltando i
vostri ultimi lavori può riscontrarsi qualche attinenza con
le culture e religioni più prettamente orientali e asiatiche?
Il fissato della cultura europea sono io (che poi sono un ignorante...),
mentre gli altri membri del gruppo sono molto più aperti alla
contaminazione, soprattutto Emilia e Barbara. Io cerco di rispettare
anche i loro punti di vista, senza picchiarli tutte le volte...!
Non so, credo che l'Europa sia ben presente anche nell'ultimo disco.
Chiaramente, il nostro, non è un continente intollerante.
Amare l'Europa non significa odiare gli stranieri. Questo non mi
interessa.
Come trovate attualmente la scena italiana e
le sue bands?
La scena italiana non è inferiore a molte altre. Il problema
è che il panorama underground globale inizia ad essere più
che carente, di spirito, di passione ed impulsi. Sta diventando
"reazionario", il che è ridicolo, data la fede "alternativa"
che sbandiera. Ci sono gruppi italiani che promettono abbastanza
bene, ma mi sto riferendo ad entità veramente sconosciute,
anche perché sto parlando di bands nate di recente, che
hanno magari registrato solo una cassetta o un disco. Non voglio
fare nomi, conosco troppa gente e poi, sinceramente tendo a
rispettarli quasi tutti, se non altro per la fatica che fanno.
Certo che se ci fossero meno stupidi con atteggiamenti poco credibili
tra il colto e l'impegnato, questa scena forse farebbe meno vomitare.
Non ho visto molta umiltà, in giro. Ho visto tanti gruppi
penare, si, ma la sfiga non è umiltà.
La vostra sincera opinione sull'uso indebito
di simboli e parole svuotati completamente da ogni vero contenuto di
sostanza, nonch&ecute; sull'utilizzo di alcune "cause sociali" di
per se valide ma strumentalizzate in vista di ben altri fini (vedi
ad.es. i vegetariani e i vari filmati su animali, vivisezione).
In più, può servire cercare di spiegare, quantomeno a
parole, la realtà o sono parole che svaniscono inutilmente?
Non riesco più a capire perché tanta gente abbia
bisogno di ostentare il proprio interesse verso queste cosiddette
"buone cause". C'è così tanto senso di colpa, o
forse il bisogno di rifiutare ciò che esercita un fascino
scomodo...? Quanta gente ha fatto riferimenti al nazismo, per
esempio, tirando poi fuori che la loro era denuncia della
crudeltà...! Io credo che al 90% il sentimento reale fosse
di rappresentare ciò di cui si subisce il fascino, appunto,
ma di avere troppa paura anche per doverlo ammettere a se stessi
(tutto questo senza parlare del bisogno di pubblicità...).
C'è troppa gente "buona"; come si spiega il fatto che ci
siano imbecilli, se la bontà è tutt'altro che
imbecillità?! Problemi di "ego" troppo frustrati, per non
tentare di uscire dall'ombra con queste schifezze imbarazzanti.
Questa gente sfrutta il dolore, ed è la colpa più
terribile di cui si possa essere accusati, per me. Sembra uno
stanco giro di immagini, dove si vede o sente parlare e discutere
di tragedie per lo svago degli annoiati. Credo che questi, siano
i veri fascisti. So che qualcuno crede davvero in una svolta
positiva e ci lavora; e sa cosa significhi l'orrore. Io stimo questi.
L'immagine visiva, come strumento di comunicazione
(anche di emozioni e sensazioni), ha la sua importanza? Nei KC?
Si la ha, a volte. Per noi è anche un aiuto in concerto,
inutile negarlo. Rappresentiamo spesso incubi e fascinazioni per
alcuni di essi. A volte è molto scomodo, ma non si cerca di
scappare dalla sincerità, anche a costo di sembrare troppo
coinvolti in "trame oscure". Le immagini visive aiutano banalmente
ad entrare meglio in rapporto col clima a volte teso della musica,
altrimenti non le useremmo. Aiutano una parte del pubblico, forse
la più disattenta al suono, ed anche quelli che sono troppo
stanchi per guardare tre o quattro imbecilli con uno straccio di
luce orribile senza altro, nonostante lo sforzo che si fa per
coinvolgere. L'intrattenimento è importante; non che noi si
possa fare poi molto ma cerchiamo, anche se circondati da immagini
poco allegre, di attenuare la fatica di alcuni riguardo il seguire
il nostro concerto. Poi c'è gente che non osserva per
niente i filmati, preferendo ascoltare, unicamente. Dipende dai
gusti, tutti rispettabili. Cerchiamo di dire anche cosa ci piace
o non ci piace, dato che non tutti, giustamente, possono
comprendere i testi. Naturalmente, si tratta spesso di "immagini
rubate", dato che non possiamo permetterci scene originali
altrimenti troppo costose da realizzare. In futuro, probabilmente
presto, faremo anche uso di immagini filmate da noi, se non
faranno troppo schifo.
Come vi ponete nei confronti della scena S/M,
Fetish, e nei confronti di alcune diffuse abitudini (piercing,
tattoo, scarification)?
Ho una totale apertura, non sono contrario. Piercing, tattoos e simili
possono essere interessanti. Magari è interessante schivare
la noia andando un giorno a farsi bucare la lingua... A parte gli
scherzi, tutto quello che può essere segno di distinzione
(anche se in certi casi un po' massificato) è tollerabile
senza problemi; fa parte del bisogno di manifestarsi. Non ci si
manifesta soltanto con i grandi discorsi o il "crimine ribellistico".
Credo poi che nel giro S/ M - Fetish siano tutti consenzienti ed
interessati o curiosi rispetto le varie sfumature di un'erotica
più esteticamente consona a certi stati d'animo e bisogni.
Non penso sia negativo, sono valvole di sfogo comprensibili per
alcuni e, normalmente non sfociano in nulla di realmente inquietante.
Non tutti debbono per forza amare l'erotica a volte demotivata e
retorica del nudo essenziale e del coito che dura due minuti.
E' un discorso ampio.
Come esseri umani abbiamo veramente bisogno
di una realtà virtuale, come se non bastassero le numerose
sfaccettature di quella "reale"? Cosa si può scoprire al
suo interno di quello che non si vuole o non si riesce a scoprire
altrimenti? Una comoda modalità per ingannare la solitudine?
Una sensazione o emozione causata dal mezzo virtuale è
comunque reale. Forse, si possono trovare risposte anche in questa
direzione, se non altro perché sta diventando realtà
quotidiana, quindi crea reazioni in ogni caso. Queste reazioni
sono già prese di posizione o almeno accenni di pensiero
a riguardo. Tutto può fare pensare, divertire, dimenticare,
ecc.. Io non ho grande simpatia per tutto quello che riguarda
l'avanzamento tecnologico in materia di intrattenimento, soprattutto,
che c'è stato in questi ultimissimi anni. Non sono un vero
tradizionalista e mi interessa il "nuovo", ma questo fatto di vivere
forti emozioni e fare magari grandi viaggi seduti su una sedia mi
fa pensare ad una pericolosa perdita del senso di responsabilità.
Anche all'eventuale crearsi di nuove frustrazioni pesanti. Come
faccio a trombare con un IBM? Come può accarezzarmi? Come
faccio ad afferrare lo spirito di un luogo, se ci sono stato
solo via computer? E la manipolazione non crea forse falsi concetti
e preconcetti? La manipolazione è massicciamente presente
in queste zone. Le persone influenzabili possono essere troppo
facilmente condizionabili e, chi è influenzabile è
pericoloso, di solito. Comunque, manca la tangibilità e le
deduzioni che derivano dalle esperienze vive e fisiche. Manca l'aria.
Per concludere. Sparse qua e là è
possibile udire dai KC delle strofe in italiano; c'è qualche
vostro brano che rielaborereste con l'utilizzo totale della lingua
italiana?
Al momento no. Pensiamo invece di cantare qualcosa di nuovo o altrui,
in italiano. A volte metteremo ancora frasi brevi nella nostra
lingua, alternate ad inglese o tedesco, cercando di rispettare
però sempre l'atmosfera di quello stesso brano, senza forzature.
Vito Gatta