Interferenze Blu, 11-12/1995
LA BELLEZZA CHE E' NELLA FRAGILITA' DELL'UOMO
I KIRLIAN CAMERA sono un gruppo italiano già da molti anni entrato
a far parte di quell'Olimpo fascinoso e un po' misterioso delle <<cult
band>>, appellativo certo meritato vista l'omogenea levatura della loro
discografia, caratteristica questa che ha finito per segnare un abisso
nei confronti delle altre band della penisola, e li ha proiettati fuori
dai confini dello stato e poi in tutta Europa, luminosi come le stelle
nella notte.
Il <<progetto>> K.C., possiamo dire senza timore di smentita, gravita
da sempre attorno alla figura emblematica di Angelo Bergamini, mente e
guida onnipresente. Il volto femminile dei K.C. è invece scolpito nei
lineamenti dell'eterna musa Emilia Lo Jacono, vocalist davvero notevole,
capace di balzare con estrema duttilità da una lingua all'altra senza
accusare il ben che minimo tentennamento e anzi mettendo ben in evidenza,
di volta in volta, la perfetta pronuncia. Il terzo elemento è Simon Balestrazzi. Se pure la sua figura rimanga un po' in ombra, rispetto ad Angelo
ed Emilia, è stata ed è non meno indispensabile alla realizzazione di
quella cattedrale di suoni innalzata con estrema dedizione. Dei
collaboratori esterni che sino ad oggi si sono avvicendati, non stiamo a menzionare
i nomi, anche perché sarebbero troppi. Non possiamo invece fare a meno
di notare il loro perfetto inserimento nel progetto, fatto dovuto certamente
alle loro capacità artistiche, ma anche all'attenta supervisione di Angelo.
Ascoltando la loro musica, si ha l'impressione che un invisibile filo
di suoni sia là ad unire i vari album, segnando un percorso unitario,
forse da sempre tracciato nelle loro menti. Un costante impulso sperimentale,
intriso di luminosa poesia e glaciale elettronica, fa di questa musica
uno dei capitoli più intelligenti di questi anni, capace come pochi di
definire la profonda bellezza che è nella fragilità dell'uomo.
In Eklipse Zwei mini cd del '93, vive tutta l'angoscia del nostro
secolo, nell'oscurità di un'eclisse che sembra non finire mai: raggi di
luce flebile che si perdono nell'infinita notte, statue che fissano il
nulla della moderna decadenza nel disincanto di un'epoca che soffre più
che mai il mal di vivere e l'angosciosa ricerca di un'identità. Il nostro
tempo ottenebrato da un'eclisse infinita raggela negli abissi l'anima,
eppure in quel triste canto sembra risplendere una fievole luce di speranza,
forse una fede mai persa.
L'album del '91 Todesengel è un bellissimo fiore nero. Considerato
un vero e proprio capolavoro, evidenzia una volta per tutte le potenzialità
della band sempre più lontana dalla realtà musicale italiana, e invece
più facilmente riconducibile in un ambito europeo. Todesengel... <<la
caduta della vita>> è un album che cola tormento, angoscia e paura: apre
queste danze macabre la cover di Vienna degli Ultravox, completamente
stravolta. Una nenia spettrale s'impadronisce sempre più della musica
nel pulsare dei battiti cardiaci, e cala come la notte il canto implacabile
di Angelo restando un brivido avviluppato in un bellissimo tormento. Altra
cover dell'album è We Will Rock You dei Queen. Qui mantenendo la ritmica
originale ci si diverte con giochi di voci filtrate e chitarre distorte,
in dieci minuti e più di musica a dir poco spettacolare.
Da sempre i K.C. si destreggiano con le cover più disparate ottenendo
dei risultati incredibili, capaci come sono nello stravolgere un pezzo
con leggeri tocchi sferrati ad arte e rendendolo bello in una diversa luce,
che pur tuttavia mantiene la versione originaria in una fusione estrema.
Capacità che li accomuna forse solo ai Bauhaus, dark band degli anni ottanta
che seppe amalgamare l'isteria punk con l'oscurità tenebrosa del dilagante
dark, lasciando cadere qua e là sulla sua tormentata strada, fatta
di suoni cupi e angosciose liriche le cover più stupende, come bellissimi
fiori esotici. Da brivido la voce di Peter Murphy che aleggiava su tutto
e tutti come un pipistrello nella notte.
Il resto dell'album procede in attimi di tenue luce soffocata nell'oscurità
dilagante: l'andamento lento genera incubi spettrali; ogni gesto,
ogni movimento è fermo in attesa di una speranza che sembra non arrivare
mai. E per finire due parole su Ars Moriendi che è sicuramente una delle
cose più ispirate che i K.C. abbiano scritto. Qui domina il suono dell'organo
e del sint generando un'intensa atmosfera religiosa, quella che investe
le genti nelle chiese e nei cimiteri... e lo spirito vola alto nella luce
infinita, così perfetto!
La Notte
<<RICORDO, RICORDO, CHE VUOI DA ME??>> (Nevermore, Verlaine)
Con (Erinnerung) la creatività musicale di Angelo Bergamini sembra
giunta a uno stadio distintivo di purezza. Sfrondata e nuda, ma senza
compiacenze di nudità. Sembrerebbe nata così, se qualche piega non mostrasse
i paramenti smessi, alcune fronde cadute. Sono cicatrici lasciate dal ricordo,
immagini di statue e monumenti in controluce, come la Porta di Brandeburgo
limite orientale al viale UNTER DEN LINDEN, insieme al barocco Palazzo
di Charlottenbourg, uniche vestigia berlinesi del passato, risparmiate
dalla guerra. Che ricordano i luoghi natali dei Lieder di Schubert: <<Il
Tiglio>> e <<Alla Fontana fuori Porta>>, ma ora non sono
che rari baluginii in un quadro composto dai frammenti dell'anima. Stanno
a indicare quanta più musica, e verità vi sia nella sfumature,
anziche' nei contrasti. Ci giunge, così purificata, questa poesia,
trasparente, ma non senza i sapori di un teatro della memoria:
Remember me: nella sua romantica angoscia rafforzata dagli strumenti
a corda, è di una generosa e disperata passionalità.
Veronika Voss: è un'immagine fluida, o meglio un atto mentale di
accertamento delle memorie private: suggestivo nella sua semplicità. La
canzone per pianoforte (Memorie are made of this) riprende la fassbinderiana
Veronika Voss.
Days of Laura Zero: si apre con la voce autentica di Adolf Hitler
che è uno spiegamento a effetto del passato, sino a segnalare lo squilibrio
della sensibilità moderna contesa fra necessità di mantenere il ricordo
per conservare la bellezza della vita ed impossibilità a farlo di fronte
agli orrori della guerra. Si afferma, perciò, nello stesso nome di Laura
Zero l'inevitabilità dell'anno zero, nel quale è lecito vedere una dolorosa
rinascita esule della memoria storica, parallela alla ricostruzione
di Berlino: città del presente.
Sea of memory: è il canto del ricordo che si fa acqua, mare, suono
e scorre fra le dita, nella mente, bagna le nostre scarpe e tende a
soffocarci per lasciare emergere, pressanti, domande che sono desideri:
Where is my lover?
Where is my father?
ripete la voce di Emilia. Chi l'ascolti una volta, non la dimentica più.
Decus
Taken from: http://www.arpnet.it/interf/rivista/interf00/interf11.htm