ENDE #7, 04-06/1998
Il trionfo del made in Italy
Angelo Bergamini è un personaggio particolare,
schivo ed introverso: ho cercato con questa intervista di aprire un dialogo
con lui, di farlo parlare, e ci sono riuscito... Ho il piacere di presentarvi
un "nonno" della musica elettronica italiana...
La prima cosa che mi viene in mente è il
concerto che avete tenuto quest'anno ad Ancona: suonare davanti a non
più di 100 persone deve essere una cosa strana per voi, abituati
alla ben più cospicua folla che vi segue in Germania...
- Non è stata poi un'esperienza tanto strana, dato che in più
di vent'anni di concerti ho potuto affrontare carenze di pubblico anche
maqgiori. Pure fuori dall'Italia, si suona a volte in piccoli locali, o
altre volte con situazioni organizzative poco probabili, che incidono
sulla reale affluenza di persone in sala. Ad Ancona ci siamo trovati
comunque bene, abbiamo apprezzato gli sforzi di un'organizzazione
attenta e credibile. Il terremoto, che in quei giorni era nella fase
di massima intensità, non ha certo aiutato la serata, assieme
ad altri problemi trascurabili ma effettivi.
D'altro canto, da qui, la Germania sembra essere
il "Paese dei Balocchi" per tutti i generi musicali: pubblico, etichette,
bands, festivals... Ma le cose sono così luccicanti per come ce
le immaginiamo?
- E' un'area più agevole per chi vuole assolutamente pubblicare
uno straccio di disco, ma il mercato è in forte saturazione, dato
i troppi titoli continuamente prodotti. La buona qualità è
quasi inesistente. I gruppi non riescono a fare concerti ed il pubblico
è stanco di dischi e set tutti uguali. Il momento è difficile,
per le etichette discografiche che non riescono a tirare fuori gruppi
nuovi un po' originali. I "cloni" stanno distruggendo tutto, riducendo
la musica ad un ruolo secondario rispetto ad un interesse estetico ed
esteriore che io trovo abbastanza ridicolo, tra l'altro. Io continuerò
tranquillamente a lavorare in Germania e paesi della stessa area, dato
che trovo stimolanti altre situazioni, non dipendenti esclusivamente
dalla scena musicale. Sto parlando di musica e di vita, non di quattro
puffi che si vestono da vampiro e se la tirano non so a cosa...
Com'è andato il vostro ultimo tour?
- E' stato un tour molto duro, pieno di problemi organizzativi che ci
stavano sfinendo. Un massacro, insomma. L'unica cosa bella è stata
la gente venuta a vederci, con cui continua un rapporto molto bello. E'
stata la prima volta in cui abbiamo presentato due cantanti. Emilia, infatti,
dopo i primi concerti è tornata in Italia, lasciando il posto a
Barbara, la nuova vocalist. Alla fine, posso dire di essermi quasi divertito,
ma nuovamente, molti elementi di disturbo saranno stati eliminati. Ne sono
più che certo, dati i recenti accordi con gli organizzatori.
Potresti differenziare l'indice di gradimento verso
i Kirlian tra Italia, Europa e Stati Uniti?
- Beh, l'Europa è il numero uno, anche perché è l'area
a cui ci siamo riferiti con maggior intensità e coinvolgimento.
Parlo del nord Europa. L'Italia sembra accettarci un po' di più ma
non è che ci siano segnali particolarmente ottimistici. Certo, c'è
gente motivata che cerca di aiutarci, che ogni tanto ci chiama per un
concerto ma, tutto sommato, sarebbe impossibile la sopravvivenza. In USA
saremo da quest'anno distribuiti più attentamente ma, sinceramente,
non è che me ne importi un granché, dato che personalmente
non stimo affatto gli americani e preferisco tenerli lontani, cosa che
fin qui sembra essere stata reciproca, data una certa loro inquietudine
nei confronti di chi non si vergogna di essere europeo. Credo ci considerino
un gruppo abbastanza scomodo e non hanno bisogno di importare entità
di questo tipo anche se, a quanto pare, stanno cambiando idea. Affari loro.
Non sopporto chi ti dà un'identità politica senza averti mai
sentito nè parlato. La "polizia della mente" non mi è mai
piaciuta.
Siete sempre stata una band particolare, che si è
sempre differenziata senza mai essere catalogata in un preciso genere
musicale, pur ovviamente facendo parte della new wave. E' stata una scelta
precisa o un caso?
- Ho sempre seguito l'impulso di comporre e pubblicare quello che mi
veniva in mente, cercando di "lasciarmi vivere". Non ho mai cercato di
far parte di un'area specifica, anche se il gruppo è stato adottato
più volte, temporaneamente, da alcuni "giri". Non lo faccio per
snobismo, dato che odio gli snob e quelli che hanno "la puzza sotto il naso",
anche perché solitamente si tratta dei soliti ricchi che vogliono
fare gli originali: non ho mai avuto i loro cosiddetti "problemi",
provenendo sfortunatamente da zone molto umili. Questo gruppo è
partito sulla scia della new wave e, dato che io lavoravo già negli
anni '70 con l'elettronica, quello era un passo naturale, da compiere. Ora
non so davvero in che tipo di area noi si possa esser collocati, a parte
le facili ironie. Certe volte è problematico.
Avendo partecipato ad entrambi i decenni che hanno
fatto la storia della wave, sapresti tracciare linee di confine o di
congiunzione tra anni '80 e 90?
- Quello che si considera new wave può tranquillamente essere
scisso in altri sotto-raggruppamenti e generi o stili.
Dopo il grosso impatto a fine '70-inizi '80, si è
comunque andati a cercare di sviluppare le varie tematiche, forse a
volte approfondendo, sempre negli anni '80, una utile padronanza del
mezzo espressivo, in certi casi. In Europa, dopo la crisi e il disinteresse
avvenuto alla fine del decennio scorso, c'è stato un reinventarsi
qli eventuali fasti del passato, soprattutto in Germania, Belgio e simili.
Questo vuole dire che raramente si è tenuto conto di un bisogno di
sviluppo ed effettiva ricerca. Soprattutto in ambito "scuro" si è
teso a creare facili effetti esteriori. Il "giro elettronico", industriale
e dark non vuole misurarsi con le altre realtà musicali, pur cercando
successo e gloria. E' sbagliato: così non si può competere,
non si può creare una scena potente. Solo una scena di sfigati che
al limite si possono pavoneggiare con gli amici. Forse troppa gente blatera
di vita estrema senza saperne il significato. Se una "scena" deve essere
"antagonista", l'ignoranza e la supponenza sono mali che affossano.
C'è stato qualche segnale di ripresa dall'Inghilterra e dalla
Germania, ma, quei segnali sono stati considerati esterni alla scena, che
invece, in qualche modo, li aveva generati. Parlo di Aphex Twin, Plastikman,
Mouse On Mars, Scala, Underworld e tanti altri, considerati chissà
perché non inerenti ad una sorta di confraternita delirante che
tra l'altro sfocia sempre di più in quel tradizionalismo musicale
da essa stessa (falsamente) osteggiato. C'è stato un proliferare
nei primi '90 delle cosiddette "Heavenly Voices". Pazienza il fatto che
sentir cantare delle galline stonate non è il massimo, ci potrebbe
essere stato qualche sviluppo interessante dal lato compositivo o delle
scelte tecniche, anziché proporre male il repertorio 4AD. Allora
preferisco ascoltare Enya. No, non è "in"! Ma almeno sa cantare!
Nel giro industrial, che più volte ci aveva dato qualche soddisfazione
e maggiore apertura, sembrano avere scoperto "la macchina per il suono
universale": tutti con gli stessi effetti e suoni... E via a teorizzare e
sfoggiare culture irreprensibili sui vari teorici della musica e dell'arte.
Ouesta scena è congelata, se si vuole essere ottimisti e non la si
vuole proprio vedere morta... Come tutto, del resto, per quello che mi
riguarda.
La scena italiana, dal tuo punto di vista, sebbene
ristretta, è unita oppure noti scarsa solidarietà tra bands
e pubblico e tra bands stesse?
- Mi dispiace essere ancora così negativo... Cercherò di
trovare qualcosa di positivo... Certe bands stanno effettivamente cercando
un po' di unione tra loro, evitando fastidiose polemiche e passandosi
informazioni anche utili. Certo, anche qui non mancano le "star della
domenica". Il pubblico è un po' più freddo che altrove, anche
se non sempre. D'altronde questo stesso pubblico, o parte di esso, a volte
accetta di formare sette in cui si amano o odiano i vari nomi a seconda
di una logica di appartenenza. La solidarietà che citi, se la permette
solo chi ha una reale coscienza e riesce ad immedesimarsi un po' in chi
è in affanno non dimenticandosi del proprio passato di fatiche a
volte inutili. Comunque, noto parecchia cattiveria gratuita, invidie.
Peccato...
Com'è il vostro rapporto con le fanzines?
E con le riviste "ufficiali"?
- Siamo sempre disponibili con tutti, non sottovalutiamo mai l'importanza
delle entità piccole. Non facciamo polemiche. Stiamo al nostro posto.
Parliamo quando ce lo chiedono. A volte è dura, soprattutto per me
che sono un tipo un po'... nervoso. Ma ho imparato.
Ci sono riviste specializzate estere degne di
menzione? Si parla ultimamente di ORKUS, in Germania, che pare abbia
scavalcato tutte le altre con una tiratura di 30.000 copie. La conosci?
- Orkus è molto conosciuto, crescendo velocemente e arrivando più
o meno ai vertici di Zillo!, rivista tedesca di musica indipendente,
recentemente allargatasi verso vari generi. Sì, la faccenda delle
30.000 copie mensili vendute è confermata. Sono tante, per un giornale
interessato esclusivamente a dark, electro e industrial. Anche New Life
sembra fare proposte interessanti, forse maggiormente direzionate al campo
elettronico in generale.
Mentre è in corso l'intervista non ho ancora
avuto modo di ascoltare il vostro nuovo album (sebbene mi sia stato detto
che è diverso dai precedenti e che è un po più
elettronico). Puoi provare a descriverlo?
- E' molto elettronico, sì. Noi siamo un gruppo elettronico da sempre,
che però a volte ama dialogare con altre sonorità, spingendosi
fino all'acustico totale. Ma, i KC hanno un'identità assolutamente
elettronica. Semplicemente, non siamo costretti a fotocopiarci in
continuazione. "The Desert Inside" è un maxi-singolo,
pur durando 40 minuti e presentando tutto materiale nuovo. E' il lavoro che
io mi sento di apprezzare maggiormente, tra tutti quelli finora editi. E'
la prima volta che mi capita di realizzare qualcosa che non riesce a
ricordarmi nessun altro, dove non sento influenze precise. Ci sono
migliaia di influenze, naturalmente, ma nessuna molto bene identificabile,
per me. E' tutto piuttosto gelido, elettronico (a parte l'uso del basso),
va in molte direzioni ma mi risulta amalgamato più che mai. E' il
disco in cui debuttano i due nuovi elementi, Barbara Boffelli ed Ivano Bizzi.
Lavorare con loro è stato davvero bello. E' stato un disco terribile
da realizzare, perché troppo emotivamente coinvolgente, per quanto
mi riguarda. Ma ora, ascoltarlo... mi rende felice. Mi sono sentito
particolarmente libero. Non avevo nessuna voglia di compiacere alcuno.
C'è un periodo particolare della tua carriera
di musicista che ricordi?
- Ti direi il periodo in cui ho registrato quest'ultimo disco, ma sarebbe
ovvio. Mi fa piacere ricordare quando stavo registrando "Todesengel" ed ho
incontrato Emilia. Era un momento difficile, ero rimasto solo io, era
troppo pesante per il giro più "leggero" da cui provenivo, e le
etichette indipendenti non si fidavano, ci consideravano un gruppo pop.
Insieme, dandoci da fare, abbiamo fatto rinascere i Kirlian, fino ad avere
soddisfazioni mai provate prima. Un periodo duro, siamo riusciti a
renderci nuovamente credibili. Almeno spero.
Ed un brano dei KirIian Camera che ti appartiene
particolarmente?
- Beh, ora devo proprio esserlo, banale. E' "The Desert Inside"
dall'ultimo lavoro, il pezzo che amo di più. Anche il testo, questa
volta, è per me importante. E' il brano in cui sento più me
stesso. In passato, era forse "Helden Platz". Ho detto prima che
sento "anche" importante il testo, non perché non avessi cercato
di dare il meglio, precedentemente, ma a volte, passato il tempo, trovo
certi testi scritti non benissimo, non come avrei voluto. Cosa che
non esiste nell'ultimo cd.
Nel doppio cd "Music for a Slaughtering Tribe II"
di :WUMPSCUT; è presente anche un tuo remix. Com'è nata
questa collaborazione? Conosci il misterioso Rudy Ratzinger?
- Sì, ho incontrato Rudy ad un concerto dei KC e l'ho trovato
simpatico. Mi piacciono diverse cose che ha fatto e quando ci ha chiesto
di rimissare qualcosa, abbiamo accettato senza problemi. Facciamo spesso
remix per altri, soprattutto ultimamente, ma non sempre esiste un
connubio ideale; a volte risulta più un lavoro in senso stretto.
Per Rudy è stato diverso.
Che significato ha suonare con il volto coperto
da un passamontagna?
- Da un lato non voglio eventualmente condizionare la gente con il mio
viso. Preferisco presentare la musica e eventualmente le immagini senza
questo tipo di "ostentazione". Poi, certe volte non amo la mia faccia,
così, non la mostro. Alla fine di molti concerti la scopro, per
fare capire che non io taccio per mancanza di rispetto o altro.
Ti senti partecipe della scena esoterica? Sapresti
spiegarmi come mai la corrente esoterica viene "sempre" associata ad una
politica di destra?
- Non credo di essere particolarmente coinvolto in faccende esoteriche.
Non faccio parte della schiera dei "colti", per mia fortuna. Ciò che
eventualmente so a riguardo di certe tematiche, non lo vado a divulgare.
Chi lo fa ne ha diritto. Per me è diverso. In ogni caso, mi
interessa principalmente la figura di Cristo, quindi sono poco adatto, se
si vuole, ad una scena che parla di diavoli da fumetto, anche se trovo molte
cose divertenti e non ho nulla in contrario con chi trova interessante
il lato "nero". La faccenda della destra e della sua relazione con
determinate aree esoteriche è abbastanza antica, ma non vorrei
diventasse un luogo comune pericoloso. In questo periodo siamo parecchio
tartassati da certe organizzazioni "democratiche" che si professano di
sinistra e svolgono attività (anche) contro di noi, nonostante
più volte gli altri membri si siano dichiarati apertamente "di
sinistra". La mia reticenza a schierarmi mi sta causando qualche fastidio
di troppo, ma non intendo cambiare linea. Politica ed esoterismo sono per
me faccende riservata.
Quali bands consiglieresti di approfondire ai nostri
lettori, ovviamente insieme ai Kirlian Camera?
- Ce ne sono parecchie, ma credo alcune siano già molto care a
tanti. Tra le meno conosciute in assoluto direi Scala. Degli amici preferisco
non parlare troppo, anche se vorrei dire di tenere d'occhio le uscite future
di Limbo, Andromeda Complex, Leutha, Jormungand, Sonar (Dive), Kebabträume.
Parlo di lavori futuri, perché ho già avuto modo di ascoltare
di questi gruppi alcune idee ancora in fase di realizzazione che mi sono
parse davvero buone. A chi piace l'industrial ed è stufo della solita
schifezza consiglierei di risalire ai primi dischi dei Faust. Ad ogni modo,
ripeto, l'elenco sarebbe lunghissimo.
Massimiliano Medagli